di Andrea di Napoli.
E’ raro scorgere un individuo solitario adoperare la propria
attrezzatura fotografica all’interno dei quartieri cittadini affollati
da potenziali soggetti che possono anche reagire infastiditi in modo
minaccioso o aggressivo. Per la loro stessa sicurezza personale,
l’istinto di conservazione porta i fotoamatori a muoversi in piccoli
branchi. Spesso sono due o tre, molto affiatati per avere già affrontato
insieme tante esperienze comuni e legati tra loro da vecchia amicizia,
ma non è raro incontrare gruppetti più numerosi. Il profondo interesse
per la medesima attività artistica favorisce la loro aggregazione
stabile o solo occasionale. L’istinto li induce ad incontrarsi al
mattino, una volta si riconoscevano dal forte odore proveniente dalle
pellicole che si portavano appresso, comunque rimane inconfondibile “il
mantello”, ovvero l’abbigliamento. Sono riconoscibili per via del
berrettino e delle micidiali fotocamere a tracolla. Gli esemplari
dominanti si distinguono per i caratteristici gilet tattici muniti di
numerose tasche. All’interno di un gruppo circolano abitualmente anche
dispositivi utili a svolgere una pratica funzione di sostegno detti
treppiedi, molto differenti dai cavalletti usati da un’altra famiglia
di artisti, i pittori, ma pressappoco con la stessa funzione.
I fotoamatori hanno un carattere socievole nei confronti dei neofiti,
che vengono accolti amichevolmente, e sono garbati verso i soggetti coi
quali familiarizzano rapidamente tanto da restare in contatto anche una
volta ultimata la “battuta di caccia” e da rincontrarsi nuovamente la
volta successiva. Tuttavia, in alcune occasioni, per “rubare l’anima” ai
soggetti scelti, si avvalgono del fattore sorpresa o ricorrono ad
obiettivi dalla lunghezza focale maggiore, per scattare di nascosto e
rapidamente da lontano.
Per comunicare tra di loro i fotografi utilizzano un codice alfanumerico
attraverso il quale pare si scambino misteriose coordinate strategiche.
Ad esempio, il significato dell’espressione ‹‹1/1000sec.; f.5,6; ISO 400 ››
per i non addetti ai lavori è ancora oscuro. Ma, in fin dei conti, sono
tutti inoffensivi e giocherelloni, sappiate che è sufficiente metterli
seduti attorno ad un tavolo e dar loro da mangiare per ammansire anche i
fotografi più selvatici.
Talvolta al suo passaggio lo stormo di fotoamatori viene osservato con
insistenza e scambiato per una comitiva di turisti. Se si tratta di una
tappa di breve durata gli interessati possono lasciarlo credere, se,
viceversa, la sosta si prolunga, i fotografi, opportunamente,
chiariscono l’equivoco sulla provenienza, rendendo comprensibile che
trovarsi ad attraversare quel rione della città per loro è assolutamente
normale.
Fino a circa 10-15 anni addietro gli appassionati di Fotografia avevano
nelle proprie “tane” un locale completamente buio all’interno del quale
si rifugiavano per rendere visibili le immagini latenti catturate
all’esterno. Oggi, al contrario, “metabolizzano” i soggetti davanti ad
uno schermo fluorescente. Senza dubbio in questo modo si è manifestata
anche in loro l’evoluzione della specie.
Alcuni esemplari di fotoamatori posti in cattività, sono stati privati
della fotocamera e, dopo una breve “astinenza”, hanno perfezionato
abilità e competenze tali da potere lavorare e condurre una vita di
relazione proprio come dei veri esseri umani. L’incoraggiante risultato
induce tanti all’ottimismo fino a ritenere possibile accogliere un
fotografo in casa perché non sporca ed è di compagnia. Ma altri non sono
del tutto convinti che il fotoamatore sia completamente addomesticato,
ritengono che la sua natura improvvisamente possa riemergere spingendolo
a fuggire di casa per raggiungere i suoi simili randagi con lo scopo di
scattare ancora fotografie nelle periferie, nei mercati e, specialmente
al tramonto, anche sulle spiagge in riva al mare.