Giancarlo e Katia Sposi

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mercoledì 10 giugno 2020

Omaggio a un “Rege”



Firmava così i nostri lavori, al liceo artistico di Roma, per due motivi: uno non farli ripresentare, visto che aveva molte sezioni a cui insegnare ornato, e secondo perché giudicando un buon lavoro presentato era come se ne approvasse il contenuto.
Il professore Remo Gerevini, cremonese di nascita, noto artista negli anni settanta era amato e odiato da tutti gli alunni del liceo per il suo modo di operare.
Ricordo perfettamente le sue parole quando spiegava la tecnica per lavorare. Il talento lo devi avere tu diceva e lui riusciva a tirare fuori il meglio da tutti noi. Fra i suoi insegnamenti c’era: “… una linea parte da un punto e arriva a destinazione senza interruzioni, senza tratteggiare … si lavora con la punta del colore pastello per fare una campitura omogenea … assonanza e dissonanza … nello scomporre le figure geometriche per ricostruire nuove forme” … etc. etc. Severo ma imparziale nel proporre temi da svolgere, riusciva a farti amare la sua materia, e questo suo metodo d’insegnamento - che a molti ha influenzato, me compreso, lo stile artistico di lavoro - viene ancor oggi ricordato da tutti noi della IV E, che a distanza di cinquant’anni, ci siamo ritrovati prima attraverso i social e poi anche con taluni incontrandoci di presenza. Proprio grazie ai social c’è stato un riavvicinamento con lo stesso professore che si trova ora a Catania, dove vive e lavora se pur tra mille difficoltà, prima di tutti la carenza nella vista che è indispensabile per dipingere le sue opere fatte a punta di pennello da sembrare grafica.
Mi rimasero impresse nella mente, quando allievo attento e preciso (parole sue) sollecitò la mia presenza nel suo studio romano, per una proficua - anche se breve - collaborazione grafica. Le opere pittoriche che stava preparando a quel tempo per una mostra in una famosa galleria di Roma, avevano forme, colori, e fantasiosi arabeschi, che uscendo dallo spazio della tela continuavano oltre la cornice. Io con i miei retini andavo a “campire” spazi esterni, completando e integrando l’opera stessa.
Dopo il diploma, nel ’74, ci siamo persi un po' con tutti quanti. Trasferitomi a Palermo, in occasione della mia prima mostra pittorica, fu d’obbligo un suo commento-intervento. Partii, quindi, per Roma con la cartella dei miei lavori per andare a rintracciare il professore (a quei tempi, telefonini, email e social erano fantasia).
Arrivato al liceo artistico, che fatta eccezione di quello più famoso di via Ripetta, non era secondo a nessun altro a Roma e non solo, ci ritrovai amici, insegnanti, nuovi professori, bidelli che all’epoca ti organizzavano le ricreazioni con le ciriole con la mortadella per l’intervallo, senza uscire dalla scuola però, erano altri tempi.
Dopo un primo momento di “carramba che sorpresa”, le notizie sul professore per me non erano per niente buone. Erano trascorsi appena quattro anni e nessuno ne sapeva più niente, solo Nicolino - un bidello fuori dal comune per il suo amore nel lavoro - mi disse che forse si era trasferito, ma non sapeva dove, ricordava vagamente in Sicilia … “Aspetta che m’informo meglio”. Si, si era trasferito a Palermo e lì era il direttore del Liceo Artistico di via Michelangelo.
Come? Io parto per rintracciarlo e lui era qui a casa mia? Le beffe della vita.
Ritrovandoci a Palermo e ricordando i bei tempi trascorsi da ognuno di noi al liceo e poi all’università, portammo a termine la mia prima mostra, nel marzo del ’78, in una galleria ubicata vicino al Teatro Massimo, luogo storico della città. La prefazione di sua moglie, un critico d’arte che purtroppo oggi non è più con noi, nella circostanza esaltò la creatività del lavoro, che approfondiva il reale filtrandolo attraverso una realtà piena di suggestioni e ansie. Il saluto e l’augurio che il professore mi rivolse furono la speranza di vedere altre mie opere più importanti. Ciò che aveva visto gli aveva peraltro confermato che non si era sbagliato nell’individuare in me un bravo artista. Mi spronò pure ad approfondire la tecnica “optical” che tanto mi aveva appassionato al liceo. 

L'uomo e il capitale 1978

Seppur con qualche tempo, puntualmente l’opera pittorica dopo quarant’anni di varie vicissitudini, approdò al traguardo grazie anche alla fotografia. In una mostra dove si accostava la fotografia alla creazione di opere futuristiche della realtà virtuale e che intitolai, appunto, “La Cala 3.0”. In qualche modo l’operazione era una correlazione delle opere giovanili del ’78 con quelle degli anni moderni, e l’evento vide luce nel 2019.
Anche questa mostra venne caldeggiata dal professore che, nel frattempo e ormai avanti con gli anni, si era stabilito a Catania. Questa volta, quindi, non potè essere presente all’inaugurazione.
Il mio amato professore era però costantemente ricordato nelle mie opere. In un quadro personalizzato avevo pure inserito parti delle sue opere insieme alle mie (rifacendomi a lavori a partire proprio dal liceo, fino ad arrivare ad oggi). Il titolo che attribuii fu: “Omaggio a un REGE”. 

Omaggio a un "Rege" 2019

I lavori presentati in mostra erano stati influenzati anche dalla nascita dei miei nipotini, che così fanno parte integrante nella realizzazione delle opere, e la gratificazione più bella, oltre quelle della critica e degli amici, è stata proprio quella del professor Gerevini, il quale, quando ha visto le opere che gli ho inviati via email alla figlia, (perché lui con la tecnologia non ci vuole avere niente a che fare), ha detto: “Complimenti! Alcune di queste opere avrei voluto farle io”!
Un complimento che mi ha riempito di gioia, che mi onora e mi lusinga del tanto affetto e stima del professore nei miei confronti. Sentimenti reciproci e rimasti immutati nel tempo.
Lo scorso marzo, ci siamo sentiti telefonicamente per commentare le opere che ho riproposto in una nuova mostra e, fatalità, quel giorno corrispondeva a quello del suo compleanno. Ottantacinque anni portati splendidamente, a sentire la sua voce e lucidità mentale, una semplice coincidenza, o la stima, l’affetto che provo per il maestro che ha influenzato la mia vena artistica è da considerarsi gratitudine? A voi lascio la libera interpretazione.

Palermo, 05/06/2020                                                                                                     
Angelo Battaglia

6 commenti:

silvia de angelis ha detto...

Sempre speciali i tuoi articoli.
Serena sera e un saluto, Angelo,silvia

Tomaso ha detto...

Caro Angelo, peccato che non conosco questo ramo che tu ne hai parlato.
Ciao e buona serata con un abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso

UIFPW08 ha detto...

Grande Angelo e Bravo per davvero.
Maurizio

Pia ha detto...

Buongiorno Angelo.
Che storia speciale hai vissuto.
È bello poter avere la stima verso e da un professore. Lavorarci insieme oppure avere un suo appoggio. Ritrovarsi e riunirsi dopo tanto tempo... Immagino la tua gioia.
Complimenti davvero per ciò che sei riuscito a realizzare. Sono originali i tuoi lavori sai? Almeno per me.
Intanto ti abbraccio e saluto. Grazie di averci raccontato qualcosa di te. Ciao, a presto.

pino ha detto...

Splendida cronistoria di un vissuto che, da cognato, conosco abbastanza bene. Ma è l'emozione che sprigiona dalle tue parole che si evince, nel ricordo di un docente che ti ha fatto amare l'arte nella migliore esplosione di adesso. E' importante avere avuto ottimi insegnanti da adolescenti, perchè ti hanno insegnato, oltre che le materie di loro competenza, anche l'arte di "vivere", importantissima per relazionarsi con il mondo. E sono profondamente pessimista per i nostri giovani che, nel mondo attuale e con tutte le problematiche di adesso, non riusciranno, forse, a vivere le intensità e l'humus culturale che i nostri docenti ci hanno trasmesso.

Erika ha detto...

Veramente bravo! Complimenti, Angelo! Non sempre si ha la fortuna di trovare dei bravi insegnanti, pronti a trasmetterti il sapere e ad inculcarti la voglia di imparare. Bello che tu abbia avuto la passibilità di incontrarlo nuovamente. Buon fine settimana, caro Angelo!

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